venerdì 3 agosto 2012

8' GIORNO - LAKE POWELL E PAGE

17 agosto 2011: oggi sarà un giorno dedicato al relax, che bello!!!
Finalmente dopo le lunghe distanze percorse nei giorni precedenti oggi ci attendono "soltanto" 250 km e la nostra idea è quella di raggiungere il Lago Powell, accamparci per benino sulle sue rive e trascorre una bella giornata tra bagni e sole in totale pace e tranquillità, per ricaricare un po' le batterie.
Ci ritroviamo come di consuetudine nella hall dell'hotel per l'organizzazione del giorno, mentre gli altri decidono di fare colazione a buffet in hotel, io e Marco optiamo per la tavola calda e con meno di 10,00 dollari ci abbuffiamo di ciambelle e caffè in due...non male, per iniziare bene la giornata.
Partiamo, questo il nostro percorso.
Lungo la strada che ci conduce fuori dal parco, sul ciglio e anche sulla carreggiata troviamo più di qualche carcassa di animali morti, sono cervi per la maggiorn parte, molto probabilmente durante la notte hanno attraversato la strada e sono stati investiti da qualche auto, è bruttissimo e straziante vederli privi di vita, accasciati al suolo, con le auto che rallentano per schivarli, e ora ci vengono alla mente le immagini della sera precedente, in cui un'auto dei ranger ci ha esortato ad andare piano accendendo i lampeggianti e facendoci segno di rallentare con la mano, ora capiamo quanto l'intromissione dell'uomo in questi luoghi sia invadente e pericoloso per le specie che lo abitano, dovremo tutti prestare più attenzione alle nostre azioni.
Uscire dal Bryce Canyon National Park ci permette ancora una volta di godere della vista del Red Canyon, in quest'ora del giorno illuminato dalla luce brillante e pulita del sole del mattino, una rossa visione che rallegra i nostri umori.






















Trascorrere così tante ore in auto, Marco solitamente alla guida ed io seduta a fianco a leggere le guide, a pianificare il percorso, a godermi il panorama in santa pace ci ha anche permesso di fare lunghe chiaccherate, di ridere e scherzare spenseriatamente come due bambini in gita, lasciandoci il modo di inventare nuovi passatempi e la possibilità di creare un'atmosfera intima e divertente tutta per noi...anche questa è stata una rivelazione!
Certo non sono mancate anche le scemenze....


Iniziamo ad intravedere il Lake Powell in lontananza e le sue azzurre acque.
Posto a cavallo tra il nord dell'Arizona e il sud dello Utah, (questa sera quando arriveremo a Page dovremo ricordarci di sistemare gli orologi), questo grande lago artificiale è il secondo per dimensione negli USA, e solo pensare che sono serviti ben diciasette anni per riempirlo la dice lunga sulla sua immensità.
In origine, il lago infatti era un lungo e profondo canyon scavato dall'altopiano dal fiume Colorado, poi nel 1957 il governo decise di costruire un'enorme diga destinata a controllare le piene devastatrici del Colorado e a produrre energia elettrica.  La diga diede origine all'attuale Lake Powell, così come lo conosciamo oggi, un'incredibile oasi di frescura in mezzo al deserto, e dal nulla spuntarono case destinate ad accogliere folle di operai addetti al gigantesco cantiere.
Oggi il lago è divenuto luogo di vacanza per numerose famiglie americane della zona e non solo, qui tra le sue spiagge e l'infinità di calette selvagge si possono passare tranquille giornate al sole oppure approffittare delle tante attrazioni acquatiche che vengono offerte.
Vedere l'acqua e le rocce sposarsi in un armonia così perfetta fa credere che il paesaggio esista dalla notte dei tempi.



Il lago però è artificiale e la vista della strada che passa sopra la diga ce lo ricorda immediatamente. Accostiamo le auto e scendiamo a fare un paio di foto e a vedere dall'alto lo sbarramento voluto dall'uomo del corso del fiume Colorado.




Alta 216 metri, la diga fu costruita in dieci anni, e dall'alto del ponte che passa sopra se ne può godere tutto lo spettacolo senza spendere un centesimo! In alternativa si può decidere di scendere e visitarla dall'interno con 5,00 dollari, approfittando di una visita guidata e della visione delle turbine in movimento che producono energia.



Noi ci accontentiamo della vista gratis e non possiamo far a meno di immaginare quanto duro e faticoso sia stato il lavoro per la sua realizzazione, quanto l'abilità e l'intelligenza dell'uomo sia grande e potente tanto da contenere la forza della natura ma allo stesso tempo ragioniamo sui molti problemi causati da questa immensa parete di cemento armato, spessa fino a 100 metri alla base, perchè se da una parte ha contribuito a fermare le piene devastanti del fiume Colorado e a contenerne la forza per produrre energia, dall'altro ha aumentato la temperatura delle acque del lago modificando e alterando il suo ecosistema, oggi in grave pericolo. 

Proseguiamo, lo scopo principale della giornata è trascorrere un bel po' di tempo in riva al lago Powell, magari ristorandoci con qualche bagno.
Alcuni di noi propongono di noleggiare una barca per fare un giro sulle calme acque del lago, altri invece preferiscono la tranquillità delle rive, ci dividiamo in due gruppi, io Marco e Massimo ci dirigiamo verso la Marina, per conoscere i prezzi delle barche, gli altri vanno alla ricerca di un lido in cui accamparsi.
Raggiungere la Marina, come le rive del Lake Powell, corrisponde ad entrare all'interno del Glen Canyon National Park e al pagamento del pedaggio di 20,00 $. In breve raggiungiamo un ampio parcheggio, dove grandi auto cariche di attrezzature sportive acquatiche sono in sosta. Scendiamo anche noi e ci avviamo verso le rive del fiume.
I colori del lago Powell ci lasciano sorpresi, sarà il sole, sarà l'ora perfetta ma non ho mai visto un lago tanto affascinante e allo stesso tempo quasi innaturale.


La Marina del lago è ben organizzata e curata, c'è un piccolo bar in cui poter trovare ristoro, un negozio di souvenir, un moderno ufficio informazioni, delle pompe di benzina, e un'officina attrezzata, tutto intorno sono attraccate piccole imbarcazioni, moto d'acqua e chiatte galleggianti.




















Chiediamo informazioni per il noleggio di una barca, ma il costo esorbitante di 500,00 $ per sei persone di sola mezza giornata ci fa ritornare sui nostri passi e preferire per un tuffo nelle acque del lago.
Raggiungiamo il resto del gruppo accampato in qualche modo su di un lido sabbioso.
Le loro facce non sono però entusiasmanti e capiamo subito il perchè.
Il lago in effetti visto dall'auto è molto bello e invitante, le sue acque sono pulite e fresche ma il fondale è melmoso, ricoperto da strane alghe accuminate che pungono i piedi e graffiano la pelle.





















Forse con la giusta attrezzatura avremmo potuto godercelo di più, ma rischiare di ferirci i piedi e l'idea di sopportare il caldo torrido seduti sotto il sole delle tre del pomeriggio, ci fa decidere di andare direttamente in hotel, e rinfrescarci nella piscina.
Arriviamo al Rodeway Inn Page, lungo la strada principale della cittadina di Page, scarichiamo le valigie, facciamo il check-in in tutta velocità e ci buttiamo in piscina.
Il motel è in classico stile americano da pochi soldi, camere spartane e poco curate allineate lungo un corridoio esterno, da cui si accede grazie ad una tremolante scala in metallo rosso, scomodissimo portare i bagagli fin lassù.
La piscina è invece racchiusa all'interno di un recinto, piccola ma pulita, ci sono già un paio di persona sdraiate pigramente ma il nostro arrivo e la nostra confusione li fa sparire nell'arco di pochi minuti....provate voi a contenere la furia di quattro ragazzini e sei adulti...che si sia capito che siamo italiani???




Stanchi e contenti ci addormentiamo sfiniti sui lettini, e finalmente ritorna la pace per gli ospiti del motel.
Ci ritroviamo per cena, non abbiamo mete, Massimo ha trovato grazie al suo i-Pad un locale poco distante che possiamo tranquillamente raggiungere a piedi.
Il Ranch House Grille, ci lascia un tantino titubanti dall'esterno, la grossa porta di legno pesante non permette di vedere come e cosa ci sia all'interno, ma ormai è tardi, siamo affamati ed entriamo, qualcosa da mettere sotto i denti lo troveremo.
L'ambiente non è eccezionale, un tantino scuro e poco illuminato, molto rustico, con lunghe panche in legno e tavoloni, pavimento di legno e soffitti alti, sembra un ranch al coperto.
La vera rivelazione però è stato il cibo, non avevo ricordi di aver mangiato una carne tanto morbida e saporita, io e Marco abbiamo ordinato due "steck new york", un filetto di carne gigante, con patate al forno, cotto in maniera divina che ho divorato in un baleno, accompagnato da una fresca Bud...cosa volere di più? Una fetta di Cheescake per concludere in bellezza!!! Che altro...

martedì 10 aprile 2012

7' GIORNO - BRYCE CANYON

16 agosto 2011: Las Vegas è bellissima anche al mattino!
Ci alziamo ristorati dopo un buonissimo sonno nel nostro comodo letto, non so se sia stata la stanchezza o l'ottima insonorizzazione delle stanze del New York New York, ma abbiamo dormito come due angioletti.
Mentre l'appuntamento con gli altri è per le dieci, io e Marco ne approfittiamo per fare una lauta colazione. Sceliamo lo Starbucks che si trova dentro l'hotel e con 15,00 dollari facciamo colazione in due con muffin, ciambella e due cappuccini, che non hanno nulla a che spartire con quelli bevuti in Italia.
Nella hall del New York New York le slot machine stanno ancora distribuendo soldi e speranze, pensavo di trovare silenzio e tranquillità, invece è un continuo via vai di gente, di musica in sottofondo, di tintinnio di monete...questa città non si ferma mai!
Usciamo a salutare un'ultima volta Las Vegas, con la promessa di ritornare in futuro, e con la tristezza nel cuore per non aver avuto modo di conoscerla e scoprirla meglio.


Ci mettiamo in fila con gli altri clienti che stanno per partire, bigliettino alla mano ed attendiamo che le nostre auto vengano fatte uscire dal garage sotterraneo, mancia all'addetto, carichiamo e sistemiamo le valigie nel bagagliaio e... via che si parte!!
Ci attendono 440 km, pari a circa 274 miglia, prima di arrivare al Bryce Canyon National Park.
Questo il nostro percorso per oggi.
E' sorprendente accorgersi di quanto il paesaggio di questa parte degli Stati Uniti d'America sia vario e differente, siamo passati dalla nebbia di San Francisco, alle foreste di sequioie dello Yosemite National Park, dal deserto infuocato della Death Valley alla megalomania di Las Vegas, per ritrovarci ora a percorrere strade immerse in territori ancora diversi, intorno a noi ci sono sterminati prati verdi, tra cui sbucano massicce formazioni rocciose, e ovviamente in mezzo a tutto questo scorre un rettilineo d'asfalto.





















Oggi attraverseremo ben tre stati, partendo dal Nevada, passando per una piccola punta di Arizona, fino ad arrivare nello Utah.
Lo Utah stato a predominanza mormonica è soggetto a regole ferree.
Leggo sulla guida che fino a luglio del 2009, non era concesso bere alcolici liberamente, ma era necessario procurarsi la merbership card, una tessera di socio a pagamento,  con la quale era possibile bere solo in particolari locali chiamati private clubs. Oggigiorno le cose sono un tantino cambiate e le regole più permissive, anche se è possibile bere alcolici nei locali solo se si comsumano anche dei pasti, inoltre nei ristoranti è possibile servire la prima birra solo dopo le dieci del mattino e non oltre l'una di notte...insomma nello stato dello Utah non si fanno certo grandi feste!!!
Dopo quasi tre ore di viaggio e una breve sosta tecnica, ci fermiamo a fare rifornimento (con 45,00 dollari facciamo il pieno!) a Cedar City, qui mangiamo anche qualcosa  al nostro affezionato McDonald's di cui ormai conosciamo a memoria i menù.
Giusto il tempo per sgranchirci un po' le gambe e scambiare quattro chiacchere e siamo già in partenza, vogliamo arrivare al parco tra breve per godere al meglio della luce.
Arriviamo dopo non molto a Panguitch, piccola cittadina nella contea di Garfield, come il nome del famoso gatto arancio a strisce nere dei cartoon, e qui veramente sembra di essere in un set cinematografico da far west, manca solo di veder passare lo sceriffo con la stella appuntata al petto!




Percorrendo la Route 12 che conduce al parco ci troviamo ben presto attorniati da un paesaggio tutto nuovo, siamo entrati nel Red Canyon, e il nome stesso suggerisce il colore delle rocce che ci circondano. Nascoste dietro la folta vegetazione verde scuro, fanno infatti capolino le splendide falesie di un incredibile colore rosso e arancio, scolpite dall'erosione. E' uno spettacolo meraviglioso e la luce è perfetta. 




L'ingresso al Bryce Canyon National Park costa 23,00 dollari a vettura, il ranger ci consegna oltre ad una cartina in cui sono indicati i sentieri e le piste percorribili anche una copia gratuita del The Hoodoo, in cui sono descritte le curiosità e la storia del parco, ovviamente tutto in inglese.
Io vi consiglio di conservare la ricevuta dell'ingresso al parco, se intendete visitare più parchi potrete accumulare le varie ricevute per arrivare alla somma di 80,00 dollari e ottenere il pass annuale che vi permetterà di entrare nei successivi parchi gratuitamente.
L'interno del parco è ordinatissimo, strade asfaltate e ben curate, pulite e ampie, intorno una foresta di conifere e piante verdi, il terriccio invece ha sempre uno stupendo color aranciato.
Arriviamo, seguendo le indicazioni, in un ampio parcheggio in cui lasciamo le nostre auto e a piedi raggiungiamo il belvedere di Sunset Point.
Lo spettacolo ancora una volta lascia senza fiato.






I raggi del sole dipingono di varie tonalità l'infinito esercito di pinnacoli, una moltitudine di camini, di colonne rocciose dai colori più intensi del giallo e dell'arancio si estendono sotto di noi. Più in là, all'ombra proiettata dai pendii circostanti assumono le colorazioni delicate del rosa e del cipria.
Il paesaggio è magico, fantasticamente suggestivo tanto da evocare la terra incantata di magiche fate, è una visione surreale e lo sguardo si perde a vista d'occhio in questa distesa infinita di bellezza.
Rimaniamo ad ammirare tutta questa meraviglia che la natura qui regala, incantati, ancora una volta, non ci attendevamo di trovare tanta delicatezza.
Ora guardandoci attorno capiamo cosa sono gli Hoodoo.
Gli hooddo o pinnacoli, sono il frutto di lunghissime notti invernali, che si ripetono ogni anno. L'acqua gelando erode la roccia e a poco a poco la priva di tutti i sedimenti più fragili, l'ossidazione dei minerali poi contribuisce a regalare la tipica colorazione arancio, rosa e rossa per il ferro, viola per il manganese e il bianco invece è dovuto da stratificazioni calcaree.





Da qui è possibile scendere lungo il Navajo Loop Trail, un sentiero di circa 3 miglia, che tra percorsi piani e poco difficili permette di scendere a valle. ovviamente per arrivare fin laggiù bisogna percorrere una ripida discesa senza parapetto, e i meno coraggiosi (Marco soffre di vertigini) sono costretti a rimanere ad attenderci.
Io, Karis, Giorgia e il piccolo Marco scendiamo, e subito le nostre scarpe si riempiono di sottile polvere arancione.





La discesa non è proprio una passeggiata, è facilissimo scivolare, dobbiamo stare attenti a non finire in un sol colpo a fondo valle. Le nostre parole, le nostre risate vengono ampliate dal rimbombo che risuona nel canalone, la nostra lingua si mescola ai sussuri lontani e al brusio delle varie lingue parlate dagli altri turisti lì intorno, è una sensazione di grande suggestione e di pienezza, sembra di scendere lentamente al centro del mondo.
Ovviamente mentre scendiamo non ci rendiamo conto di cosa abbiamo lasciato alle nostre spalle, ma basta voltarci indietro per venire catturati dalle vertigini!






E' sorprendente scoprire come qui in fondo crescano possenti e diritti come fusi alti abeti, che con le lore chiome aggiungono un tocco di verde a tutto questo arancio e rosso che ci circonda, se non avessi avuto modo di vederli di persona molto probabilmente non ci avrei creduto...eppure ci sono, e sono bellissimi!







Avvolti dalle rosse pareti rocciose, che sembrano dover franare su di noi da un momento all'altro proseguiamo lungo il percorso. Non so come descrivere la sensazione evocata da questi luogi, io mi sento come avvolta e protetta all'interno di un primordiale grembo materno, il grembo della Madre Terra, è un'emozione fortissima e rassicurante, mi spiace immensamente per chi non ha avuto il coraggio di scendere fin quaggiù, Marco compreso.
Man mano che proseguiamo il sentiero si fa via via più largo e battuto, e gli spazi si aprono fino a concederci la visione di stupendi paesaggi e lungo il nostro cammino incontriamo numerosi tamias, piccoli scoiattoli dal mantello striato, simpatici e vivaci che si arrampicano sugli alberi e sulle pareti.






Arriviamo alla fine del percorso, risalendo verso l'alto per ricollegarci con il punto di partenza.
La salita ci lascia senza fiato e le gambe faticano a sorregerci, non siamo delle pappe molli, voglio precisare, è che anche se non ci abbiamo fatto caso siamo comunque ad un'altitudine considerevole, che si aggira intorno ai 2000-2748 metri, anche se lo chiamano Bryce Canyon in realtà si tratta di un altopiano.
Prendiamo fiato e ci scoliamo una bottiglietta d'acqua fresca mentre ci accorgiamo che il tramonto del sole è colato come oro fuso sulle cime più alte degli hoodoo...lo spettacolo ci toglie anche quel po' di fiato che ci era rimasto!





Mentre gli altri decidono di andare in hotel, io e Marco partiamo alla volta di Sunrise Point, un altro belvedere, che dista pochi chilometri.
Purtroppo il sole sta inesorabilmente scendendo e la luce non è delle migliori, rimaniamo comunque incantati a contemplare ancora una volta questa straordinaria e delicata opera della natura.


Arriviamo anche noi all'hotel, questa notte dormiremo al  Best Western Ruby' s Inn.
La hall dell'hotel è tutta in legno, calda e confortevole, sembra un grande chalet di montagna, alle pareti sono appesi tappeti navajoo e corna di cervi, al centro della stanza un grande camino in pietra, acceso riscalda l'ambiente.
Ci affidano la nostra stanza, assieme ad una cartina in cui la receptionista ci indica la strada da seguire, non ce n'eravamo accorti, ma dietro alla facciata si nasconde un piccolo paesello, tante sono le costruzioni a disposizione per gli alloggi.
La nostra stanza è nella ala più remota, in fianco a noi un deposito per gli attrezzi e più in là un recinto con dei cavalli silenziosi, entriamo e subito ci accoglie una deliziosa piscina racchiusa da una vetrata in cui la condensa del vapore ha ricoperti i vetri, alcuni ospiti stanno ancora facendo il bagno.
La nostra stanza è veramente graziosa, arredata in modo semplice con due grandi letti, il bagno non è enorme ma gode di un ampio antibagno in cui è comodo specchiarsi e riporre le cose....ottima scelta ancora una volta.



Dopo una dovuta doccia ci ritroviamo tutti nella hall, e decidiamo di cenare nell'adiacente tavola calda - fast food all'hotel, questa sera pizza per tutti, abituati alle nostre misure italiane pensiamo di prenderne una a testa, fortunatamente una volta raggiunto il bancone delle ordinazioni ci accorgiamo di quanto siano esegerate le dimensioni qui, optiamo per una in due e nonostante la nostra tanta fame a fatica riusciamo a finirla!
Saluti della buona notte per tutti e via a letto, domani mattina io e Marco vogliamo alzarci un po' prima per andare a vedere il Bryce Canyon alle prime ore dell'alba, chissà se ce la faremo...intanto ci coccoliamo con un buon the caldo prima di andare a letto, ormai io e il bollitore non riusciamo più a separarci!